IMPIANTO DI BIOGAS: CHE COS’È, COME FUNZIONA
Un impianto di biogas è in grado di trasformare le biomasse in biogas, attraverso una serie di trasformazioni anaerobiche (cioè in assenza di ossigeno) dovute all’attività dei microorganismi presenti in natura, ma replicate su scala industriale.
Esistono diverse tipologie di impianti biogas, ognuna delle quali presenta un funzionamento e una struttura specifici in base al tipo di biomasse utilizzate, fino agli impianti di produzione di biogas di nuova generazione in grado di generare anche biometano avanzato.
In base alla taglia è possibile distinguere anche i mini impianti di biogas, ad esempio un piccolo impianto a biogas casalingo utilizzato per il fabbisogno energetico di un’abitazione residenziale, oppure grandi installazioni con la possibilità di arrivare fino a un impianto di biogas da qualche MW. Vediamo qual è il funzionamento di un impianto a biogas, come è fatto esattamente, quanti sono in Italia e quali sono vantaggi e svantaggi di questa tecnologia.
Schema di funzionamento di un impianto di biogas
Come funziona un impianto di biogas
Per comprendere come funziona un impianto a biogas bisogna partire dal processo di trasformazione delle biomasse in biogas, ovvero la digestione anaerobica.
Si tratta di un processo naturale, realizzato in assenza di ossigeno, mediante il quale le biomasse usate come alimentazione dell’impianto a biogas vengono fermentate grazie all’azione di batteri ed enzimi.
Tramite il funzionamento degli impianti a biogas, dunque, è possibile partire dalle biomasse per ottenere biogas, ovvero un gas composto prevalentemente da metano e anidride carbonica, oltre da una serie di composti in tracce come l’idrogeno solforato, l’ossido di carbonio, l’idrogeno e l’azoto.
Quali biomasse si utilizzano per alimentare un impianto a biogas? Le biomasse consentite sono diverse, ad esempio alcuni sottoprodotti derivanti dalla lavorazione agricola e dalle attività zootecniche, gli scarti colturali, i reflui degli allevamenti zootecnici e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) raccolti in modo differenziato. Proseguendo nel processo di raffinazione del biogas è possibile ottenere tramite upgrading anche biometano, un gas molto puro equivalente al metano di origine fossile contenuto nel gas naturale, prodotto eliminando l’anidride carbonica e le altre sostanze dal biogas per lasciare solo metano di origine biologica.
Per capire meglio come si produce il biogas negli impianti adibiti a questa funzionalità, ecco una spiegazione semplice dei vari passaggi in base allo schema di funzionamento di un impianto a biogas:
● Produzione delle biomasse: in questa fase vengono prodotte le biomasse per alimentare gli impianti a biogas, ad esempio attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani o il recupero dei residui agricoli, forestali e zootecnici;
● Raccolta e trattamento delle biomasse: il materiale organico naturale viene raccolto, selezionato e preparato per l’invio agli impianti, in base agli standard qualitativi richiesti dall’impianto a biogas e dal tipo di processi utilizzati;
● Trasporto delle biomasse alla centrale: il passaggio successivo è il trasporto delle biomasse verso l’impianto, dove viene depositato all’interno di appositi sistemi di stoccaggio (serbatoi, vasche, etc.);
● Digestione delle biomasse: la biomassa viene trattata e preparata al processo di fermentazione all’interno dei digestori anaerobici, con la separazione della materia liquida e solida (digestato) dal gas generato durante la respirazione anaerobica. La parte residua viene trattata ed utilizzata come ammendante naturale per le attività agronomiche;
● Generazione di energia: la digestione anaerobica genera il biogas, il quale può essere utilizzato come combustibile per produrre calore e riscaldare gli edifici vicini, fornire acqua calda ad uso sanitario, per gli autoconsumi dell’impianto oppure per produrre energia elettrica da immettere nella rete nazionale;
● Trasformazione del biogas in biometano: gli impianti attrezzati per questo processo possono purificare il biogas e ottenere biometano, da poter utilizzare in sostituzione al tradizionale gas metano di origine fossile (es. autoconsumo per uso energetico, carburante di trazione per veicoli, camion, bus e mezzi agricoli, riscaldamento in ambito residenziale, etc.).
Come sono fatti gli impianti di biogas
La struttura di un impianto a biogas è abbastanza standardizzata e può prevedere diversi elementi, in base alla tipologia e qualità delle biomasse utilizzate e alla quantità di materiale che è in grado di ricevere.
In particolare, nonostante esistano molte differenze tra le varie tipologie di impianto (un biogas da 300 kW per la produzione di biometano da materiale di origine zootecnica e vegetale possiede una struttura diversa rispetto a un impianto di biogas da 50 kW alimentato da FORSU) i principali componenti di un impianto a biogas sono:
● Aree di stoccaggio: possono essere delle vasche o serbatoi o capannoni (generalmente chiusi) che servono per le operazioni di raccolta ed eventuale pre-trattamento delle biomasse, per eliminare eventuali impurità e preparare il materiale organico alla digestione anaerobica. Il trattamento può avvenire mediante processi meccanici (es. triturazione, separazione, etc.) o termici;
● Digestore: mediante un sistema di tubi e pompe il materiale organico pre-trattato viene inviato al digestore, grandi cisterne chiuse in modo ermetico dove le biomasse sono continuamente miscelate. Qui avviene la fermentazione attraverso l’azione dei microrganismi, con la produzione di biogas e di digestato;
● Gasometri: alcuni impianti stoccano il biogas in appositi serbatoi esterni chiamati gasometri, tuttavia può essere anche immagazzinato anche all’interno degli stessi digestori. Il biogas viene poi utilizzato, ulteriormente raffinato o distribuito tramite condutture o camion;
● Sistemi di trattamento del biogas: negli impianti che producono anche biometano, il biogas è sottoposto a una serie di trattamenti di raffinazione, all’interno di appositi impianti dove si realizzano procedimenti come la desolforazione per eliminare l’acido solfidrico in quanto corrosivo e la rimozione dell’anidride carbonica;
● Cogenerazione: la gran parte degli impianti a biogas dispongono anche di un cogeneratore, un sistema dotato di un motore endotermico alimentato a biogas o a biometano, attraverso il quale è possibile generare sia energia elettrica che energia termica da cedere alla rete, da fornire agli edifici vicini e in parte utilizzata per alimentare la stessa centrale di biogas;
● Aree per lo stoccaggio del digestato: la digestione anaerobica produce non solo biogas ma anche dei materiali residui organici, i quali vengono stoccati in apposite aree (vasche o serbatoi), ed usati in ambito agricolo come ammendante o fertilizzante.
Impianti di biogas: pro e contro
A differenza dell’importanza e del sempre crescente valore ambientale, economico e strategico riconosciuti dalla legislazione nazionale e comunitaria rispetto agli impianti biogas, a livello di cittadinanza locale sono puntualmente discussi i pro e i contro legati alla loro costruzione ed esercizio. In particolare, vengono spesso avanzati dubbi sui possibili fattori di rischio in termini di impatto ambientale, traffico veicolare e benessere delle comunità che vivono nei dintorni.
In realtà, gli impianti di nuova generazione sono in grado di ridurre la maggior parte dei disagi e risolvere le principali problematiche di questa tecnologia, con un impatto minimo sul pianeta e le comunità locali.
Ad esempio, evitano la produzione di odori sgradevoli grazie al confinamento delle biomasse e (soprattutto in caso di lavorazione di rifiuti) il trattamento dell’aria interna ai capannoni. Adottano soluzioni paesaggistiche volte a minimizzare l’impatto visivo circostante. Utilizzano anche sistemi particolarmente automatizzati di lavorazione per consentire l’efficientamento dell’intero processo ed i rischi legati alla sicurezza sul lavoro.
Gli impianti biogas rappresentano una delle soluzioni tecnologicamente più avanzate a livello di economia circolare, in grado di generare vantaggi di carattere economico, ambientale e sociale per la comunità locale e nazionale, tra cui:
● Valorizzazione dei materiali di scarto secondo un modello di economia circolare;
● Riduzione delle emissioni di CO2;
● Diminuzione delle esternalità sociali legate ai costi di smaltimento dei rifiuti organici;
● Diversificazione del mix energetico e riduzione della dipendenza dall’uso di fonti fossili tradizionali provenienti da paesi esteri;
● Creazione di attività economiche su scala locale in un’ottica di filiera
● Valore aggiunto alle filiere agricole ed agroindustriali
● Riduzione dell’uso di combustibili fossili in autotrazione.
La produzione di biogas porta benefici alla filiera agricola
Quanti impianti di biogas ci sono in Italia?
Secondo il Consorzio Italiano Biogas, gli impianti di biogas in Italia sono oltre 2.000, un risultato che colloca il nostro Paese in una posizione di leadership in Europa e tra i principali player a livello mondiale. L’elenco degli impianti a biogas in Italia continua a crescere ogni anno, anche per quanto riguarda le centrali a biometano. Secondo l’European Biogas Association (EBA), dopo la Francia, è l’Italia il secondo Paese nella UE con il maggior aumento di impianti a biometano, con la realizzazione di 11 nuovi impianti nel 2020.
Nel complesso, l’EBA calcola oltre 20.000 impianti in Europa tra centrali a biogas e biometano, mentre l’Unione Europea stima che il biometano può coprire fino al 30-40% del fabbisogno energetico europeo di gas entro il 2050.
Dall’inizio degli anni 2000, la politica comunitaria e nazionale finalizzata al raggiungimento di obiettivi sempre più sfidanti di produzione di energia da fonti rinnovabili ha consentito di destinare risorse economiche per incentivare la realizzazione di impianti biogas agricoli e industriali. Tra i nuovi impianti biogas in sviluppo in Italia, Sorgenia sta proponendo l’autorizzazione dell’impianto centrale biogas di Terlizzi, per la produzione di biometano liquefatto (bioGNL) ottenuto dalla lavorazione di sansa di olive, pollina e sottoprodotti ortofrutticoli.
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